Pubblico e privato, l’arte si insinua tra gli spazi



Dagli anni '90 singoli artisti o gruppi di artisti hanno sviluppato il proprio lavoro unito al processo di ridefinizione identitaria dell’individuo che abbiamo fin qui analizzato. È una rete di artisti che svolge una ricerca differenziata che corrisponde all'unica ricerca possibile oggi, quella che indaga costruzione del linguaggio (artistico) e costruzione di socialità. Un’arte estranea, in quanto indipendente dal sistema mercato ma invece ampiamente storicizzata nelle principali rassegne d'arte internazionali, che pone un’attenzione specifica al sociale, si interroga sulla crisi d’identità territoriale nella realtà urbana e sul concetto di comunità che sta cambiando sempre più velocemente per effetto della globalizzazione e, in definitiva, indaga le ridefinizioni democratiche che questo processo accompagna. 
L’obbiettivo generale è di rifuggire la negazione, la chiusura di ogni orizzonte (percettivo e relazionale) e la trappola del “non c’è soluzione”, con una consapevolezza etica ed estetica che può rendere visibile l’invisibile e far emergere i contrasti della società. 
Le opere, sensibili al sociale, spesso coinvolgono i cittadini rendendoli protagonisti e co-autori dell’evento, in un ottica della “meno competizione e più cooperazione”. Sono processi atti a provocare delle reazioni costruttive e di riflessione sul farsi dell’arte all’interno della collettività come strumento possibile di cambiamento e ipotesi di soluzioni.
Sempre più artisti, pur senza conoscersi, per un effetto di risonanza collettiva, hanno attuato una rinnovata modalità del fare artistico, hanno sentito l’urgenza di ripristinare il legame arte-vita. 
Le radici di questa possibilità creativa, piccolo frammento dell’attuale paesaggio artistico globale, sono in parte nell’ l’Internazionale Situazionista che, dal dopoguerra in poi, è forse stata il più importante tentativo collettivo di costruire una critica alle nuove forme di dominio che si sono create negli stati capitalisti avanzati, una critica rivoluzionaria al passo con l’arrivo del consumismo.
Programma dell’Internazionale Situazionista era il creare situazioni, definite come “la costruzione concreta di momentanei ambienti di vita e la loro trasformazione in momenti di una qualità passionale superiore” tramite l’ Urbanismo Unitario, un nuovo ambiente spaziale di attività dove l’arte integrale ed una nuova architettura potessero finalmente realizzarsi. Le situazioni erano l’opposto dello spettacolo (la forma di vita alienata imposta dal capitalismo avanzato) e rimettevano in discussione i modi di vivere e abitare.
Uno degli obbiettivi era, infatti, quello di praticare sperimentalmente alcune teorie architettoniche. L’idea di base (concepita precedentemente nel Movimento Lettrista) sosteneva che “l’ambiente influenza il comportamento delle persone che lo abitano, ed essendo l’architettura, nella quasi totalità dei casi, espressione fisica della volontà della classe dominante, l’ambiente urbano contribuisce attivamente alla coercizione psichica e fisica dei sudditi-cittadini” . Critica dell’architettura è quindi critica della società in generale.
Era il 1953 quando il poeta Ivan Chtcheglov scriveva un saggio intitolato Formulario per un nuovo urbanismo aprendo la strada alla psicogeografica (deriva sperimentale adottata dall’Internazionale Lettrista). Nello scritto Chtcheglov piange per la città moderna senza musica e senza geografia, e in cui le immaginazioni sono rimaste molto indietro la sofisticazione delle macchine. Chtcheglov descrive la sua città ideale, diretto risultato di una nuova architettura. Una città modificabile, con costruzioni caricate di potere evocativo, edifici simbolici rappresentanti diversi desideri in cui tutti abitano propria cattedrale privata. I diversi quartieri di questa città potrebbero corrispondere all’intera gamma di umori che ciascuno di noi incontra per caso nella vita di ogni giorno.
"Introduzione ad una critica della Geografia Urbana" di Debord continua sulla linea tracciata da Chtcheglov affermando che la psicogeografia potrebbe ritagliarsi lo studio delle leggi precise e degli effetti specifici dell’ambiente geografico sulle emozioni ed i comportamenti degli individui. La città va esplorata, come suggerito nel saggio, attraverso le derive, ovvero vagando senza meta lasciandosi guidare dall’ambiente circostante, oppure con giochi psicogeografici, ossia esplorando una città seguendo la mappa di un’altra. 
La ricerca psicogeografica mirava a gettare le basi per la costruzione di un nuovo ambiente, un’ambiente che permettesse un nuovo stile di vita liberato, più alto, più piacevole. 
L'artista Giuseppe Pinot Gallizio, nel 1956 organizza ad Alba il primo Congresso degli Artisti Liberati, con i componenti del MIBI (Movimento Internazionale per un Bauhaus Immaginista) fra i quali il pittore danese Asger Jorn. Discutono di urbanismo unitario e concludono dichiarando la necessità di una costruzione integrale dell’ ambiente, che faccia uso delle tecniche e delle arti moderne e riconosca un’interdipendenza essenziale fra l’urbanismo unitario ed uno stile di vita futuro.
È interessante ricordare il lavoro concreto svolto, sul concetto dell’abitare, dell’olandese Constant che, finiti i lavori congressuali, resta ad Alba per continuare gli studi sull’urbanismo e sullo spazio. Qui lavora ad un progetto per la costruzione di un campo di nomadi accampati su un pezzo di terra di proprietà di Gallizio. Usando pareti divisorie mobili, il progetto è un esperimento per un nuovo modello di città basato sui principi di proprietà comune, mobilità e la possibilità di una modificazione continua dell’ambiente abitato.