S-cultura: il processo creativo dell’individuo che muove verso un’operatività sociale



Tutti sanno cos'è una statua, o cosa sia un monumento; tiranni, santi ed eroi, sono stati eretti in ogni epoca a memoria e monito, a celebrazione di ogni potere; tutti hanno frequentato cimiteri e chiunque capisce, seguendo il proprio sguardo, che queste cose non hanno molto a che vedere con l’essenza della scultura o con l'arte. La scultura, invece, sarebbe la costruzione di uno spazio tridimensionale che svolge il ruolo di riconfermare criticamente il nostro essere in un mondo pluridimensionale. Quindi, la scultura, sarebbe quella disciplina che genera un modello, un riferimento materiale e ripeto, tridimensionale, all'immaginario. Il cittadino, è il destinatario naturale dello scultore come lo è la città e la dimensione urbana-umana che è indissolubilmente legata, fin dalla polis, all'idea di democrazia; esistono varie correnti, varie declinazioni di questo approccio attuale alle cose dell'arte che vanno sotto il nome di site specific, arte-politica, arte pubblica, arte-natura, quello però che noi intendiamo sottolineare è l’innesto dell’intervento nel tessuto cittadino come una traccia che fa sorgere dubbi, che devia gli abituali comportamenti innescando un processo di riflessione ed aumentata consapevolezza di sé e del proprio esserci, ovviamente dove e quando lo spazio libero, ovvero adatto, per mezzo del gruppo o dell'artista, permetta l'operazione quale essa sia.
La questione evidentemente esubera dalla cultura dell'effimero... La temporaneità dell'atto è allo stesso tempo una scelta politica ma anche una necessità, ovvero risponde ad una certa “economia” interna. Avendo il Postmoderno, abolito l'identità in favore della costruzione del subalterno disidentitario, abolito la cultura in favore dello spettacolo pop, abolito la legge in favore della legge di mercato, abolito il cittadino in favore del consumatore, abolito la realtà in favore della narrazione, abolito la verità in favore dell'affermazione, della doxa, dell'opinione, l'artista, pur sopravvissuto a questo disastro, si trova in un day after... Il codice di lettura è stato talmente e potentemente stravolto da influenzare, condizionare ed in definitiva costringere all'adesione a tale schema ma tuttavia, un'atto di resistenza e di critica, un esercizio di libertà, è sempre possibile. Questa resistenza culturale alla colonizzazione consumista è spesso l'origine di tanti interventi di occupazione temporanea di spazi urbani e naturali con azioni tese a coinvolgere il pubblico in una discussione che rimette in gioco il normale senso dello spazio e, della relazione sociale. La Biennale di Venezia curata da Betsky attualmente in corso, soprattutto nel Padiglione Italia ai Giardini, curato da Emilano Gandolfi, mostra un'interessante panorama globale formato soprattutto da architetti, che lavorano in questi termini, solo che la chiama architettura sperimentale, mentre a mio avviso, per molti di loro, si dovrebbe parlare più propriamente di architettura relazionale. A questo punto si comprende perché prima di ogni intervento artistico, architettonico in uno spazio pubblico, è necessario indagare i rapporti che intercorrono tra il territorio, la rappresentazione del territorio, l’architettura, l’urbanistica ma anche la politica, l’economia e le dinamiche sociali. Dal momento che, nella maggior parte dei casi, l’arte nasce nelle città ed è per le città, non si può tralasciare nessun particolare del contesto in cui essa si sviluppa e vive. L’architetto Massimiliano Fuksas ci ricorda infatti “quanto sia importante per noi comprendere la tendenza fondamentale del nostro tempo, per indagare lo spazio che è spazio sociale e político prima ancora di essere spazio edilizio o geometrico”.
Il paesaggio contemporaneo è per la maggior parte artificiale, strutturato da diverse componenti, progettate e non progettate; è perciò evidente che per inserire un intervento artistico, per lavorare in quello spazio vuoto tra i pieni, è necessaria anche la conoscenza e l’integrazione di diverse discipline. Solo in questo modo si realizza il desiderio di fare proprio lo spazio in un paesaggio nel quale l’indeterminatezza diventa tributo e sfida alla creatività. L'arte, ridisegnando il territorio e comunicando visioni, utopie ed alterazioni della realtà, restituisce la percezione dei rapporti sociali attuali e possibili, delle relazioni di forza, delle possibilità partecipative. La città è divenuta un luogo abitato di interferenze artistiche che sollecitano la riflessione delle persone forse assuefatte alla pubblicità ma ancora attente a insoliti segnali di soccorso urbano. Parlo di soccorso urbano, perché oggi è in atto una prepotente privatizzazione di spazi e relazioni implicite in quegli spazi, che va dal giardinetto sotto casa (puntualmente recintato), al marciapiede per i bar, al monumento antico (letteralmente cancellato), ai centri storici (delegati ormai al turismo), dall'istruzione, alla sanità, all'acqua, sempre in nome dello sviluppo e del progresso, si recinta, si demolisce, si trasferisce, sempre dal pubblico al privato, in un progressivo impoverimento del soggetto, e l'arte, ormai è con la geografia e la sociologia, una delle poche discipline che aiuta il cittadino a riflettere sul senso e sul possesso dello spazio pubblico e privato. Pubblico vorrebbe dire di tutti, ma oggi pubblico è spesso percepito come di nessuno.
La normale concezione di un ambito privato, distante da quello pubblico, rallenta sia i processi della socialità che quelli di presa di posizione del singolo cittadino sul territorio. Questo infatti viene sentito come “terra di nessuno”. Perciò l’indagine artistica sullo spazio, rivolta al senso dell’abitare gli spazi pubblici e privati, propone un rinnovato rapporto tra queste due parti aprendo possibilità ad un nuovo modo di abitare che si “affaccia sul mondo”.